Con
Cristo non risorse più l'uomo che da quel giorno cominciò a
percorrere, lentamente, ma inesorabilmente il dolorosissimo
calvario di una vita che non lo avrebbe avuto, mai più,
protagonista.
Invalido
a qualsiasi tipo di lavoro, senza il conforto del benché minimo
vitalizio, privo, per necessità, del Suo mezzo, trovò sfogo
nella riparazione di gomme in un periodo in cui tutto veniva
recuperato, ma poco era il recuperabile.
Cosicchè,
copiando da altri, diresse la Sua attenzione sulle
biciclette che forniva di ruote "massicce" riciclati
dai bordi di vecchi copertoni consunti da cui ne aveva tratto,
opportunamente, l'anima d'acciaio. Ma niente poteva essere
scartato, neanche quei cerchi che don Tindaro destinava ai
giovanetti di allora vogliosi di cimentarsi in spericolate
corse tra curve da...brivido.
Ed
i segni di tale "fiorente" attività erano sempre
presenti nelle infelici mani di don Tindaro, avendo a che fare
con lunghi coltelli "autarchici" bagnati nell'acqua
per scivolare nella gomma e con infuocati pistoni capovolti e
compressi sulla gomma da saldare.
Cosa
ne traesse da tale lavoro è facile immaginare, avendo cinque
bocche da sfamare, casa e magazzino in affitto e la Sua,
irrinunciabile, sigaretta.
Eppure
manteneva un comportamento talmente dignitoso da far trasparire
appena il disagio di tempi veramente difficili, dimostrando
disponibilità e comprensione nei riguardi di chi,
probabilmente, aveva meno bisogno di Lui.
Quando
la Sua disperazione raggiungeva l'apice, individuando nella Sua
rigida gamba la causa di tutti i Suoi problemi, tentava
uno straziante recupero dell'articolazione che solo il
provvidenziale intervento di amici evitava ulteriori, gravi
conseguenze.
Aveva
tale scarso senso di rispetto del Suo corpo da permettersi
interventi di resezione viva di incisivi divenuti troppo
ingombranti e da Lui ritenuti un ulteriore , insopportabile,
tradimento del destino.
Poi
sembrò giunto il giorno della riscossa.
Appoggiandosi
ad una antica esperienza e contando sull'aiuto della giovane e
bella compagna (che con Lui avrebbe condiviso, amorevolmente,
una esistenza di passione), tentò la sfortunata via del
commercio, costruendo un forno "fai da te" che lo
avrebbe restituito,in tempi brevi, all'attività di gommista,
ora divenuta, con l'aiuto dei figli, ben più remunerativa.
Così,fino
alla fine dei Suoi giorni che non tardarono a concludersi,
raggiunto dal sadismo del fato, a soli 57 anni (1965) e dopo
appena un mese di pensione.
Signori,
di fronte al martirio, giù il cappello!
Tano Raneri
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